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LA MEDIAZIONE


Descrizione:

La proroga dell’entrata in vigore per le controversie condominiali

L’art. 2, comma 16-decies, della legge 10 del 26 febbraio 2011 (di conversione, con modificazioni, del D.L. 225 del 29 dicembre 2010, cosiddetto “Milleproroghe”), ha disposto la proroga per un anno del termine di entrata in vigore del D.Lgs. 28 del 4 marzo 2010 (che, ai sensi dell’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 28/2010, ha previsto la sua entrata in vigore per il giorno 20 marzo 2011) per le sole controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.

Di conseguenza, dal 20 marzo 2011 è obbligatorio l’esperimento del procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale per tutte le altre materie indicate dall’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 28/2010 (diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari), mentre diventerà obbligatorio, a distanza di un anno - salvo ulteriori ripensamenti da parte del legislatore - anche per controversie in materia di condominio e di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.

La proroga è stata certamente assai opportuna, a causa delle difficoltà applicative della disciplina sulla mediazione obbligatoria che sono state subito denunciate dagli osservatori più attenti e dagli operatori del diritto, ma non basta di per sé a risolvere i problemi aperti della nuova normativa.

Conviene, quindi, fare il punto della situazione con riferimento sia ai problemi generali che si presentano per quanto riguarda l’applicazione della disciplina sulla mediazione obbligatoria contenuta nel D.Lgs. 28/2010 - che, nonostante siano stati immediatamente individuati dai commentatori unanimi fin dall’inizio, non sono stati finora minimamente presi in considerazione dal legislatore - sia ai problemi specifici che si presentano nel settore delle controversie che intessano i rapporti condominiali. Cominciamo con questi ultimi.

 

Aspetti critici della mediazione nella materia condominiale

Nonostante sia diffusa una percezione decisamente maggiore delle dimensioni del fenomeno (probabilmente a causa della sua capillarità), i rapporti più recenti in materia riferiscono che in realtà i procedimenti giudiziari che hanno interessato il condominio in Italia non costituiscono che una modesta parte del contenzioso civile complessivo (Salciarini, “In condominio l’accordo dell’amministratore va sempre ratificato dal voto dell’assemblea”, in Guida al Diritto, Dossier n. 4, maggio 2010, ricorda come un rapporto Censis Servizi e Anaci abbia evidenziato che le controversie condominiali nell’anno 2007 hanno rappresentato il 4,5% dei circa quattro milioni dei procedimenti civili instaurati davanti ai tribunali e ai giudici di pace); tuttavia, anche se i numeri sono inferiori a quelli percepiti, riuscire a indirizzare, seppure per una sola parte, questo tipo di controversie verso meccanismi di soluzione stragiudiziale delle liti è certamente opportuno e auspicabile.

Bisogna, a questo punto, rilevare che in ogni caso sarebbe preferibile, anche per non incorrere in inammissibili violazioni del diritto di fare ricorso all’Autorità giudiziaria previsto dalla Costituzione, evitare che gli strumenti di soluzione alternativa delle liti vengano imposti (come invece sta avvenendo) agli interessati, col fine dichiarato di risolvere l’inefficienza di un sistema di amministrazione della giustizia che da tempo è caratterizzato da tempi processuali inaccettabili, tali da arrivare spesso a vanificare perfino gli effetti di una sentenza corretta e ineccepibile (basti pensare all’ipotesi di un creditore che dopo anni di causa si vede riconoscere dal giudice il proprio diritto nei confronti di una società che però nel frattempo è fallita oppure di un privato che, in attesa della decisione, ha avuto tutto il tempo per liquidare il proprio patrimonio e risultare così nullatenente; e si potrebbero fare tanti altri esempi simili); sarebbe invece necessario predisporre un sistema pluralistico di meccanismi di soluzione delle liti che preveda, a fianco del processo deciso dal giudice dello Stato, altri istituti (come l’arbitrato, la conciliazione ecc.) fra i quali l’interessato possa scegliere liberamente la via che preferisce, inclusa quella del processo davanti all’Autorità giudiziaria, per la soluzione del suo caso.

Infine non sembra inutile ricordare che il tentativo obbligatorio di conciliazione davanti al giudice era previsto, come adempimento per la prima udienza (nella quale infatti era espressamente prevista la comparizione personale delle parti insieme ai loro difensori), dal rito civile fino all’ultima riforma che è operativa dal 1° marzo 2006 e che ha abrogato il tentativo obbligatorio di conciliazione giudiziale (legge 80 del 14 maggio 2005), perché di fatto si riusciva a pervenire alla conciliazione solo in un numero davvero limitatissimo di ipotesi; non si vedono allora validi motivi per cui un mediatore che fa parte degli organismi di mediazione dovrebbe essere in grado di ottenere risultati migliori di quelli che per anni (non) sono stati raggiunti da giudici professionali.



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