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Le attribuzioni dell’amministratore di condominio e la natura del suo rapporto c


Descrizione:  

Le attribuzioni dell’amministratore di condominio e la natura del suo rapporto con il condominio

 

L’art. 1130 c.c. elenca quelle che sono le principali attribuzioni dell’amministratore: "L'amministratore deve:

1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini e curare l'osservanza del regolamento di condominio;

2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini;

3) riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;

4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio.

Egli, alla fine di ciascun anno, deve rendere il conto della sua gestione.

Si è detto le principali attribuzioni in quanto nel corso degli anni, la legge ha attribuito all’amministratore ulteriori compiti, spesso di carattere burocratico.

Andiamo ad analizzare il contenuto dell’art. 1130 c.c. In primo luogo l’amministratore deve eseguire le delibere assembleari: ciò significa che per adempiere a quest’obbligo debba porre in essere tutta quell’attività collaterale e sussidiaria finalizzata all’esatto adempimento del proprio compito. Tanto per esemplificare, nel momento in cui l’assemblea deliberi l’esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione dello stabile, scegliendo anche la ditta esecutrice, l’amministratore dovrà: porre in essere tutta quell’attività di carattere amministrativo-burocratico volta a permettere l’inizio dell’esecuzione dei lavori, predisporre un prospetto iniziale di riparto delle spese, provvedere ai pagamenti in base al contratto stipulato con la ditta, ecc. Dubbia è la posizione dell’amministratore in relazione alla esecuzione delle delibere assembleari che possono presentare profili di illegittimità. La dottrina è divisa tra chi ritiene che l’amministratore non possa esprimere un giudizio sulla liceità della delibera e chi, invece, lo ritiene autorizzato o addirittura tenuto a valutare questa eventualità. Sicuramente la mancanza di una legge che specifichi in modo puntuale doveri e responsabilità dell’amministratore non aiuta. Bisogna, comunque, sottolineare che non è sarebbe difficile dare una soluzione che valga per tutte le situazioni in cui la delibera è invalida. Sarebbe utile, ad esempio, limitare la responsabilità ai soli casi di dolo e/o colpa grave. Se sono dubbi i profili di responsabilità in relazione alla esecuzione di delibere illegittime, è certo, invece, che l’amministratore possa essere ritenuto responsabile per l’omessa esecuzioni di una delibera assembleare. La dottrina maggioritaria ritiene che la responsabilità sia di carattere extracontrattuale nei confronti dei condomini e dei terzi che hanno subito un danno dalla mancata esecuzione. Una considerazione è doverosa: in seguito alla deliberazione 9148 del 2008, delle Sezioni Unite della Cassazione, che ha sancito l’inesistenza giuridica del condominio, l’amministratore è considerato mandatario dei condomini in virtù della deliberazione di nomina e/o conferma. Stando così le cose, ci si chiede come possa considerarsi extracontrattuale la responsabilità nei confronti dei condomini (mandanti) in relazione all’omessa esecuzione di una deliberazione assembleare.

Assieme all’ esecuzione delle delibere assembleari l’amministratore deve curare l’osservanza del regolamento di condominio. Si tratta di un dovere dell’amministratore che si spinge fino alla possibilità di intraprendere tutte quelle azioni giudiziarie utili a tal fine. In un pronuncia del 2006 la Cassazione ha evidenziato come "l'amministratore non necessita di alcuna previa delibera assembleare, posto che egli è già tenuto ex lege (art. 1130 c.c., comma 1, n. 1: ex plurimis, cfr. Cass. 14088/1999; Cass. 9378/1997) a curare l'osservanza del regolamento del condominio al fine di tutelare l'interesse generale al decoro, alla tranquillità ed all'abitabilità dell'edificio". Non solo, "è altresì nelle sue facoltà, ai sensi dell'art. 70 disp. att. c.p.c., anche quella di irrogare sanzioni pecuniarie ai condomini responsabili di siffatte violazioni del regolamento (Cass. 8804/1993): ove lo stesso - come del resto nella specie accertato dai Giudici di appello - preveda tale possibilità."(così Cass. 14735 del 2006). Una possibilità d’azione piena e compiuta.

Altro compito "classico" è quello della disciplina dell’uso delle cose comuni. Chi vive in condominio ben conosce la prassi di molti amministratori che spesso si servono di lettere circolari al fine di invitare i condomini ad un uso più consono,alla loro destinazione, dei beni comuni.

Altro compito fondamentale è quello della riscossione dei contributi e della erogazione delle spese necessarie alle conservazione dei beni comuni nonché alla erogazione dei servizi. Ciò deve essere fatto, sostanzialmente, perseguendo la regolarità contributiva di tutti i partecipanti al condominio. In questo senso, la legge dota l’amministratore di strumenti idonei a garantire questa regolarità. E’ il caso, che approfondiremo più avanti della possibilità di ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo sulla base del piano di riparto approvato. Il fatto, non si deve nasconderlo, spesso porta dei malcontenti tra i condomini che, soprattutto se in possesso di molti millesimi, fanno poi il bello e cattivo tempo nella conferma dell’amministratore. Ciò, principalmente nei casi più delicati rischia di comportare la stasi del condominio in quanto molti amministratori evitano un’azione giudiziaria. Sarebbe auspicabile un intervento legislativo teso ad eliminare questa situazione di conflitto.

L’amministratore deve, inoltre, compiere tutte gli atti conservativi in relazione alle parti comuni dell’edificio. Per atti conservativi deve intendersi quell’attività volta a tutelare la proprietà comune da azioni dannose. L’amministratore potrà ad esempio, in maniera autonoma e senza la necessità di autorizzazione assembleare,iniziare un’azione per denuncia di danno temuto o di denunzia di nuova opera, al fine di tutelare la proprietà comune da eventuali pericoli e danni. Più che potrà, l’amministratore dovrà. Si tratta, infatti, di un dovere espressamente previsto dalla legge (sul punto si veda Cass. 24391 del 2008).

Alla fine di ogni anno, l’amministratore è tenuto a presentare il conto della propria gestione. Si tratta di un dovere la cui violazione viene sanzionata, come detto sopra, a decorrere dal secondo anno consecutivo di non presentazione dei conti, potendo ogni condomino ricorre all’Autorità Giudiziaria per revoca dell’amministratore stesso.

Continuando nell’elencazione dei doveri dell’amministratore in relazione alla sua carica, l’art. 1131 c.c. dice che egli sarà tenuto a informare prontamente l’assemblea dei condomini della notifica di atti e provvedimenti che esorbitano della sue funzioni. In mancanza di ciò, potrà essere revocato con ricorso al Tribunale e tenuto a risarcire i danni causati al condominio.

Il successivo art. 1135 c.c., in stretta connessione con il disposto dell’ultimo comma dell’art. 1130, impone all’amministratore la convocazione, quanto meno, dell’assemblea annuale.

Nelle disposizioni di attuazione del codice civile, all’art. 66 primo comma,è prevista in capo all’amministratore la facoltà di convocare l’assemblea condominiale amministratore "quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio". Si tratta, è giusto sottolinearlo di un potere puramente discrezionale controbilanciato, come vedremo oltre, in riferimento nel caso di richiesta di convocazione assembleare formulata dai condomini dalla possibilità data a questi di autoconvocarsi.

Le incombenze dell’amministratore elencate dal codice civile sono quelle che possono riferirsi soprattutto alla gestione della vita quotidiana del condominio in relazione alla conservazione dei beni ed alla erogazione dei servizi. Esistono, inoltre, una serie di compiti cui l’amministratore è tenuto ad adempiere che riguardano soprattutto i rapporti con l’amministrazione finanziaria. Il condominio, ad esempio, è sostituto d’imposta. In questi termini, pertanto, ai sensi dell’art. 64, primo comma, d.p.r. 600/1973 "è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di acconto". Strettamente correlato è il dovere di effettuare una dichiarazione su modello c.d. 770 per la specificazione degli importi trattenuti ai singoli soggetti. A questi obblighi verso l’amministrazione finanziaria si affianca il correlato dovere ex. art. 4 d.p.r. n. 322 del 1998, di comunicare al soggetto sostituito una certificazione dell’avvenuto versamento della ritenuta alla fonte a suo tempo effettuata.

La domanda che ricorre sovente in relazione al rapporto amministratore – condominio è la qualificazione giuridica del rapporto stesso. La giurisprudenza più recente, su tutte la nota sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9148 del 2008), configura ritiene applicabile al rapporto amministratore-condominio la disciplina del mandato. Ciò in considerazione del fatto il rapporto giuridico si va ad instaurare direttamente tra condomino ed amministratore, anche in relazione alla inesistenza giuridica del soggetto condominio. Per quanto la citata decisione sia in linea con l’orientamento più recente in materia, non si può tacere come sarebbe più giusto dire che per la disciplina del rapporto amministratore-condominio (o condomini) si osservano, in quanto applicabili, le norme previste per il mandato. Questa applicazione analogica permetterebbe di risolvere al meglio alcune incongruenze. Ad esempio, quella in tema di revoca senza giusta causa dell’amministratore è in contrasto con la revoca senza giusta causa del mandatario vista l’impossibilità dell’amministratore di chiedere un risarcimento del danno. Si tratta di attendere anche delle decisioni giurisprudenziali per capire come possa essere risolta la questione.



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